
Anglesey non è solo la più grande isola del Galles: è una terra sacra, contesa e simbolica, considerata da sempre un luogo di potere, spiritualità e memoria.
Anglesey (Ynys Môn in gallese) sorge cuore del Galles nord-occidentale, al di là dello stretto di Menai. È un’isola nel Mar d'Irlanda che da secoli occupa un posto centrale nell’immaginario storico e spirituale del paese.
L’isola dei druidi
In epoca pre-romana, Anglesey era ritenuta il cuore del druidismo celtico.
Le sue foreste sacre, i suoi cerchi di pietre e le tombe megalitiche la rendevano un centro spirituale dove si riunivano i druidi – i custodi del sapere, dei rituali e delle leggi orali delle tribù celtiche. I Romani la temevano profondamente, tanto da descriverla come un luogo oscuro e mistico. Nel 60 d.C., Tacito racconta di una spedizione guidata da Svetonio Paolino per spezzare il potere spirituale dei druidi: un assalto violento, durante il quale legioni romane saccheggiarono templi e bruciarono boschi sacri, mentre sacerdoti e sacerdotesse invocavano maledizioni e si opponevano con canti e rituali. Nel 78 d.C., con le spedizioni di Giulio Agricola, Anglesey entra ufficialmente a far parte della Britannia romana.
Una terra contesa
Dopo l’abbandono romano nel V secolo, Anglesey divenne un obiettivo ambito per le incursioni nel Mare d’Irlanda. Fu presa d’assalto e colonizzata da pirati irlandesi, che riuscirono a stabilirsi sull’isola per alcuni decenni, fino a quando furono definitivamente sconfitti e cacciati nel 470.
In seguito arrivarono i Vichinghi, le cui incursioni su Anglesey sono documentate anche nella saga norrena dei Jómsvíkinga. Poi fu la volta dei Sassoni, e infine dei Normanni, che tentarono di consolidare il controllo anche sulle isole occidentali.
Nel Medioevo, Anglesey fu al centro di numerose contese tra i sovrani gallesi e la corona inglese. Il suo fertile suolo era una risorsa ambita. La campagna di Anglesey (1282–1283) fu parte dell’offensiva finale di Edward I d'Inghilterra contro il Galles. Dopo la morte di Llywelyn ap Gruffudd, l’ultimo vero principe gallese, gli inglesi completarono l’occupazione dell’isola, costruendo Beaumaris come simbolo del dominio definitivo sulla regione. Il castello è considerato uno degli esempi più perfetti di architettura militare medievale in Europa.
Megaliti e memoria
Ancora oggi l’isola è punteggiata di siti neolitici e dell’Età del Bronzo: dolmen, cerchi di pietre, camere sepolcrali. Il più noto è Bryn Celli Ddu, un tumulo funerario che custodisce un allineamento solare simile a quello di Newgrange in Irlanda: ogni anno, durante il solstizio d’estate, la luce penetra esattamente nel passaggio e illumina la camera interna. Un legame tra cielo, terra e memoria che testimonia l’antichissima relazione tra gli abitanti dell’isola e i cicli della natura.
Leggende e santi
Ma Anglesey non è solo guerra e spiritualità antica. È anche terra di santi e miracoli, come testimonia la storia di Santa Dwynwen, la patrona gallese degli innamorati, il cui eremo si trova sull’incantevole Llanddwyn Island. Ci sono tante versioni delle leggenda di Dwynwen. Una di queste racconta che Dwynwen non può sposare il suo amato, Maelon, perché suo padre l’ha già promessa a un altro. Addolorata, prega di smettere di amarlo. Un angelo le appare con una pozione per trasformare Maelon in ghiaccio. Dio, quindi, le concede tre desideri: che Maelon sia liberato, che lei possa vegliare su tutti gli innamorati sinceri e che possa restare per sempre nubile. Per gratitudine, Dwynwen si ritira in solitudine sull’isola di Llanddwyn, al largo di Anglesey.

Ancora oggi, il 25 gennaio, molti gallesi celebrano il Dydd Santes Dwynwen – una sorta di San Valentino gallese.
Un’identità forte e viva
La lingua gallese è una lingua celtica, appartenente al ramo brittonico (come il bretone e il cornico). Non va confusa con la lingua gaelica, sempre una lingua celtica, ma del ramo goidelico (parlate in Irlanda, Scozia e isola di Man).
Anglesey è anche una roccaforte della lingua e cultura gallese. Qui il gallese è parlato quotidianamente, e la tradizione orale continua a vivere nelle storie tramandate tra generazioni. Festival, musica, poesia e fiere locali ne mantengono viva l’identità, in una cornice naturale fatta di scogliere selvagge, fari bianchi, villaggi silenziosi e pascoli infiniti.
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